Studio della scienziata Usa che aveva gia’ messo sotto la lente i supereroi e le principesse Disney
Crescere ‘a pane e supereroi’ non rende i bambini ‘super buoni’, come i genitori potrebbero sperare. Coltivare troppo questa passione rischia di avere in poco tempo, nel giro di un anno, l’effetto opposto: amplificare l’aggressività sia fisica che relazionale, invece di sollecitare gli aspiranti ‘mini Superman’ a trasformarsi in difensori dei più deboli, portandoli a utilizzare i loro talenti per aiutare e proteggere gli altri, per esempio coetanei presi di mira dai bulli.
E’ il cortocircuito scoperto da Sarah Coyne, professoressa della Brigham Young University che ha deciso di studiare cosa esattamente assimilano i ragazzi e le ragazze in età prescolare dall’esposizione alla cultura del supereroe. A quanto sembra non sono i tanti tratti positivi che brillano in questi personaggi. “Tanti bambini sono appassionati di supereroi e molti genitori pensano che questo possa aiutarli a imparare a essere gentili e carini con i loro coetanei, ma il nostro studio dimostra esattamente il contrario, che i bambini incrementano gli aspetti aggressivi, non gli atteggiamenti protettivi”. Non viene dunque trasferito nella realtà di tutti i giorni l’insegnamento positivo. I fan dei supereroi, secondo quanto osservato dagli autori del lavoro pubblicato su ‘Journal of Abnormal Child Psychology’, non avevano maggiori probabilità di scendere in campo per salvare bambini bullizzati né di essere più pro-sociali. E’ dunque come se i ragazzi amplificassero il lato oscuro, il peggio di Batman, Uomo ragno & Co.
Nello stesso filone di ricerca rientra anche uno studio precedente firmato da Coyne la scorsa primavera e rimbalzato sia sui media internazionali che sui social: si analizzavano gli effetti della cultura delle principesse Disney che – secondo i risultati – ha mostrato di perpetuare alcuni stereotipi, con potenziali effetti dannosi. Le conclusioni dei 2 lavori sono simili: non si suggerisce ai genitori di chiudere definitivamente una porta in faccia ai supereroi, oppure di mandare in pensione scintillanti eroine in abiti da sogno. Ancora una volta, spiega Coyne, basta “avere un po’ di moderazione. Coinvolgete i bambini in un ampio ventaglio di attività in cui la passione per i supereroi sia solo una delle tante – suggerisce -. Una delle tante cose che piace loro fare e con cui si impegnano”. Scoperte come queste offrono ai genitori l’opportunità di dialogare con i figli, osserva la studiosa che invita papà e mamme a non aver paura di sottolineare gli aspetti positivi e negativi dei mezzi di comunicazione di cui i loro piccoli stanno fruendo. Lo studio sui supereroi ha riguardato 240 bambini, per i quali i genitori hanno inquadrato il livello di coinvolgimento in questo filone culturale (quanto spesso guardavano programmi a tema, e quanto si identificavano con i personaggi). I piccoli sono stati poi intervistati individualmente ed è stato chiesto loro di identificare i 10 supereroi più popolari, e di dire quale fosse il loro preferito e perché. Fra i bambini che hanno specificato le caratteristiche dei personaggi del cuore, il 10% ha notato la capacità di difendere gli altri (“Spara le ragnatele e salva la gente”, per esempio), il 20% li ha invece associati a qualche abilità di tipo violento, con alcuni commenti più miti e altri che facevano riferimento ad aggressioni palesi (“E’ grande e può dare pugni”, “può rompere e distruggere tutto e non gliene importa perché è un gran prepotente”). Un bambino è arrivato a dire che Capitan America è il suo supereroe preferito “perché può uccidere”. Il restante 70% dei commenti è stato di natura benigna (“è grande e forte” e “può volare”). Un possibile motivo per cui resta ‘impresso’ il comportamento violento e non quello pro-sociale dei supereroi, teorizza Coyne, è la complessità dei prodotti mediatici sul tema. Gran parte dei programmi non sono creati per i bambini in età prescolare, hanno trame complesse in cui si intrecciano violenza e comportamenti pro-sociali, eppure i piccoli li guardano frequentemente e a questa età non hanno la capacità cognitiva di scegliere il ‘messaggio morale più ampio’ che spesso viene lanciato.
A questo si potrebbe aggiungere una ulteriore desensibilizzazione – una riduzione delle risposte cognitive ed emotive – che si è dimostrato essere associata al consumo di media violenti. Questa desensibilizzazione rispetto alle vittime di violenza sullo schermo di tv, pc o tablet, potrebbe correlarsi a una mancanza di empatia verso le vittime della vita reale, che si possono incontrare in un parco giochi o a scuola. Coyne ha sperimentato sulla sua pelle la pervasività della cultura dei supereroi, “impossibile da evitare in America”, e non solo. La scienziata ha 3 figli, più uno in arrivo, e racconta che il bimbo di 3 anni ama Spiderman, si traveste e fa finta di sparare ragnatele, anche se non ha mai visto il film. “Il punto non è vietare i supereroi, che possono essere una parte divertente e magica dell’infanzia – conclude -. Tuttavia l’esposizione può diventare intensa, soprattutto se i bambini guardano film, giocano con i giocattoli, si identificano fortemente con i personaggi e il loro stile. Si tratta di trovare un equilibrio e un modo di parlare dei supereroi che si concentri sugli aspetti positivi”.